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Ci sono molte opinioni e discussioni su quali siano le caratteristiche più importanti per una leadership efficace. C’è però una qualità, non così scontata, che ogni leader di successo deve avere: sapere influenzare gli altri senza usare potere e autorità.
Ma come riuscirci?
Attraverso la compassione. Integrare questa qualità nella propria leadership, è la differenza che fa la differenza, nei risultati a breve e lungo termine.
Ma cosa c’entra la compassione con la leadership efficace?
È vero, compassione e leadership sembrano due concetti molto lontani e difficilmente convergenti. In realtà la compassione è una caratteristica che contribuisce a rendere la propria leadership efficace. Soprattutto in questo periodo di incertezza che stiamo vivendo, in cui si è psicologicamente più fragili ed è necessario imparare ad adattarsi a nuove modalità di lavoro.
In questo momento di grandi cambiamenti, chi guida un’organizzazione è chiamato, più che mai, ad essere un leader, non a fare semplicemente il capo. E una delle cose più importanti (ed urgenti) da fare è valorizzare i propri collaboratori e prendersi cura di loro per creare un ambiente di fiducia. Collaboratori che vogliono essere visti non solo per i risultati che possono portare, ma anche per quello che sono: esseri umani con i loro bisogni, desideri, emozioni ed aspirazioni. Le persone vogliono essere trattare con rispetto e desiderano avere una voce significativa nella vita lavorativa.
La leadership efficace
La leadership efficace si occupa di persone e di impresa: sviluppa il business facendo crescere i suoi collaboratori. E nel fare questo la compassione è una qualità importante. Un leader efficace che guida con compassione ha un genuino interesse per gli altri e possiede l’empatia necessaria per ispirare, comprendere e conoscere i membri del suo team. La compassione abbassa le difese ed apre le porte della mente e del cuore. E quando le persone sono aperte, un leader può fare proposte innovative o risolvere problematiche più facilmente. Un leader che possiede compassione è più efficace e raggiunge i suoi obiettivi e quelli di business contribuendo nel contempo anche alla felicità e al benessere degli altri.
Per questo la compassione è diventata sempre più riconosciuta come un aspetto fondamentale della leadership efficace. In uno studio del 2012 è emerso che i leader compassionevoli appaiono più forti e riescono a costruire dei team più impegnati e responsabili. Un altro studio (2017) ha messo in evidenza che nelle organizzazioni con leader più supportivi c’è una migliore collaborazione, un minore turnover e un incremento dei profitti. L’organizzazione è più prospera, migliora lo spirito di appartenenza e i dipendenti sono più fiduciosi e più legati gli uni agli altri.
Il leader compassionevole
Essere leader compassionevoli non significa “essere morbidi” o cercare di compiacere le persone dando loro ciò che vogliono; piuttosto, richiede di dare alle persone ciò di cui hanno bisogno, che può anche essere un duro feedback. Una leadership compassionevole riesce a soddisfare sia i propri bisogni come leader, sia quelli dei membri del proprio gruppo. Trasforma il conflitto in cooperazione e senza perdenti.
In una ricerca in cui sono stati intervistati più di 1.000 leader di 800 organizzazioni, il 91% ha dichiarato che la compassione è molto importante per la loro leadership e l’80% ha detto che vorrebbe aumentare la propria compassione, ma non sa come.
La buona notizia è che la leadership compassionevole può essere appresa. Essa nasce da un comportamento premuroso ed empatico, dall’attenzione e comprensione degli altri.
Ecco alcune delle cose che i leader efficaci che guidano con compassione fanno e a cui possiamo ispirarci.
7 pratiche per sviluppare uno stile di leadership efficace attraverso la compassione
- Comunicare apertamente
- Ascoltare attivamente
- Imparare
- Costruire una cultura collaborativa
- Generare impatto positivo
- Investire tempo
- Allargare la propria sfera di influenza
#1. Comunicare apertamente
Un leader efficace dice ciò che va detto e sa come deve essere detto.
Spesso siamo riluttanti a dire agli altri che il loro comportamento è per noi inaccettabile o ci crea un problema. Temiamo che l’altro si senta ferito, arrabbiato o ci trovi antipatici. Questi timori non sono infondati, le persone frequentemente reagiscono al confronto con reazioni che non ci piace dover vedere: si giustificano, ci criticano, possono rimanere ferite o arrabbiate, possono mettersi sulla difensiva o diventare scontrose.
Solitamente accade che quando ci confrontiamo con le persone che causano un problema, la comunicazione che utilizziamo sia spesso minacciosa, giudicante, moralistica, sarcastica od offensiva. Il linguaggio che utilizziamo è quello del “tu”, della seconda persona. Utilizzare questo tipo di comunicazione però danneggia le relazioni e non influenza l’altro a cambiare il comportamento che riteniamo inaccettabile.
Per questo il codice da utilizzare dovrebbe essere quello dell’”io” e non del “tu”. Ogni volta che qualcuno ci crea un problema, la nostra comunicazione dovrebbe contenere un messaggio in prima persona: questo ci permetterà di essere aperti, franchi e diretti con le persone. Invece di dire: “mi fai perdere un sacco di tempo con riunioni inutili”, potremmo dire “mi fa arrabbiare perdere tempo in riunioni poco strutturate e senza uno scopo ben chiaro, perché sento che la nostra efficacia e motivazione ne risentono”. La formula da ricordare per mandare messaggi in prima persona è: comportamento + sentimenti + effetti (non necessariamente in quest’ordine).
La comunicazione
Un altro aspetto legato alla comunicazione riguarda il parlare di noi stessi. Spesso ci dilunghiamo con dichiarazioni su noi stessi e sui nostri successi. Un leader premuroso e compassionevole capisce che “io” non è particolarmente utile in una conversazione. Quando smettiamo di concentrarci su noi stessi, quando riusciamo a passare dall'”io” al “noi”, diamo attenzione agli altri e al gruppo e siamo in grado di formare altri leader.
Infine, quando si tratta di assegnare dei compiti, degli obiettivi o delle responsabilità spesso nella nostra testa è tutto molto chiaro, ma ci dimentichiamo di comunicarlo al team oppure lo facciamo frettolosamente e senza dedicargli la giusta attenzione. Ricordiamoci che il nostro lavoro è anche comunicare esattamente quello che ci aspettiamo dai nostri collaboratori. Ciò significa che dobbiamo essere molto specifici su ciò che vogliamo ed entro quando lo vogliamo, aiutando le persone con risorse, contatti, conoscenze e contesto di cui potrebbero aver bisogno per il successo del progetto o dell’attività.
#2. Ascoltare attivamente
Uno stile di leadership efficace dedica tempo all’ascolto, comprende, discute i problemi ed è aperto alle idee degli altri. La quantità di tempo che trascorriamo a parlare e ad ascoltare i nostri collaboratori è un segno di quanto li consideriamo importanti per noi e per l’organizzazione. Contrariamente alla credenza che i “sentimenti vanno lasciati fuori dall’azienda”, esistono prove del fatto che l’espressione dei sentimenti aumenta l’efficacia e la produttività di un gruppo. Per questo è importante lasciare esprimere ed ascoltare la soddisfazione rispetto ai successi raggiunti: il leader efficace utilizza questi momenti per aumentare la motivazione, lo spirito di squadra e la coesione del gruppo.
Un leader efficace, inoltre, incoraggia ed ascolta anche l’espressione dei sentimenti negativi. Questi sono come il dolore per il corpo: un segnale di pericolo. Segnali di allarme che ci indicano che qualcosa non va nel team. Questi sono da considerarsi i benvenuti perché sono i segnali dell’esistenza di un problema.
Con l’ascolto attivo non mettiamo delle barriere contro chi invia questi messaggi, ma incoraggiamo le persone ad andare oltre i sentimenti per affrontare il problema che c’è sotto.
Ma cosa significa esattamente ascolto attivo? Ascolto attivo significa che dobbiamo essere disponibili ad ascoltare, non interrompere, non giudicare, metterci nei panni dell’altro, inviare messaggi di accoglimento verbali e non verbali, incoraggiare ad approfondire la comunicazione, fare domande e verificare di aver compreso quanto ci è stato detto.
#3. Imparare
Il leader efficace, per quanto abbia stima di sé, sa che è circondato da persone intelligenti, piene di idee da cui può imparare per migliorare le proprie capacità e conoscenze, ed essere ancora più efficace. Se ci poniamo come esperti che sanno già tutto, che non hanno più nulla da imparare, ci irrigidiamo e ci chiudiamo a nuove idee: in questo modo di porsi non c’è compassione.
La leadership efficace invece si costruisce giorno dopo giorno, si sviluppa continuamente perché è la somma degli errori commessi e degli apprendimenti fatti. In definitiva dobbiamo avere la modestia di imparare e cercare continuamente un feedback a 360°, per perfezionarci in efficacia e nello stesso tempo far crescere il nostro team.
#4. Costruire una cultura collaborativa
Il leader efficace che guida con compassione, usa un approccio che coinvolge tutto il gruppo, aiuta il team a prendere decisioni migliori e facilita la cooperazione. Si preoccupa per tutti. Eccelle nel condividere la visione e gli obiettivi dell’organizzazione, in modo che tutti possano contribuire alla creazione del piano di azione necessario al raggiungimento degli obiettivi.
Il leader efficace possiede la saggezza di sapere che le grandi cose non vengono mai compiute da una sola persona. Sa che l’eccellenza è uno sforzo di gruppo.
Getta le basi affinché il team abbia le migliori possibilità di successo e poi si diverte a sedersi e a guardare i suoi collaboratori brillare individualmente e collettivamente. Il leader efficace sostiene e aiuta, spalleggia e si ricorda dei problemi.
Per costruire una cultura collaborativa, dobbiamo evitare una supervisione soffocante, non dobbiamo imporre l’autorità ma saperla delegare, dobbiamo avere fiducia, favorire le decisioni di gruppo e stimolare la creatività. Dobbiamo sempre essere attenti e prendere l’iniziativa quando la squadra è in pericolo, ma anche essere capaci di farci da parte per permettere alla nostra squadra di sperimentare i successi che hanno ottenuto da soli.
#5. Generare impatto positivo
È importante che un leader sia in grado di responsabilizzare e motivare i propri collaboratori. Il modo migliore per farlo è coltivare un atteggiamento mentale positivo.
Per fare questo dobbiamo immergerci nella routine quotidiana con il nostro team, cercando di comprendere cosa favorisce il buon risultato e cosa lo ostacola, aiutando la squadra a rimuovere qualsiasi barriera interna ed esterna per avere successo. Dobbiamo affrontare i problemi con uno spirito orientato alla soluzione e con la convinzione che una soluzione sia sempre possibile.
Per mantenere alta la motivazione non dobbiamo lasciare spazio al pessimismo e affrontare le sfide con interesse piuttosto che con timore. Dobbiamo capire di cosa i nostri collaboratori hanno bisogno, anziché guardare ciò che non fanno.
#6. Investire tempo
Il tempo è tra le risorse più preziose e scarse che abbiamo. Il leader efficace sa che il tempo investito nel suo team produrrà grandi risultati.
Anche se dedicare del tempo ai collaboratori sembra una cosa ovvia da fare, spesso viene trascurato quando siamo impegnati a “spegnere i continui incendi quotidiani”. Ciò che sembra semplice da fare, in realtà è incredibilmente difficile. Ma se vogliamo costruire la responsabilità, allora dobbiamo stabilire regolarmente con il nostro team degli incontri in cui si rivedono attività ed obiettivi.
Il leader efficace solitamente blocca in agenda anche un giorno al mese in cui incontra individualmente i propri collaboratori per creare allineamento ed essere certo che si stia andando tutti nella giusta direzione. Se riusciamo a farlo anche noi, scopriremo che i nostri collaboratori verranno all’incontro pronti a discutere i loro progressi. E questo funziona decisamente meglio che fare aggiornamenti casuali.
#7. Allargare la sfera di influenza
Il leader efficace che guida con compassione vuole influenzare, non comandare. Non chiede, incoraggia. Trova il suo scopo nel migliorare la vita degli altri. Usa il suo ruolo di potere per guidare gli altri alla scoperta del proprio potere individuale. Desidera la crescita e lo sviluppo delle persone che guida.
Per allargare la sua sfera di influenza, il leader efficace dimostra alti livelli di integrità nelle sue azioni quotidiane. Si fida del fatto che i suoi collaboratori siano all’altezza delle aspettative, pertanto pone l’accento sulla qualità. E quando ci si aspetta qualità, gli sforzi del team aumentano naturalmente.
Ha la capacità di ispirare: le persone vogliono lavorare con lui per quello che è, non per quello che fa. Ciò vuol dire che fa in modo che gli altri credano in lui e nelle sue idee, lo seguano e mettano in atto le sue richieste.
Generare un impatto positivo
Per allargare la nostra sfera di influenza, dobbiamo agire ogni giorno con il desiderio di generare un impatto positivo, profondo e duraturo nelle persone. Per farlo dobbiamo essere da stimolo.
Come possiamo farlo?
- Ogni volta che entriamo in relazione con un nostro collaboratore chiediamoci: in che modo vorrei che pensi a se stesso e al suo ruolo? In che modo vorrei che pensasse agli altri? In che modo vorrei che pensasse al mercato in generale?
- Sfidiamo gli altri a sviluppare il loro carattere, le loro relazioni e il contributo che offrono
- Diventiamo un esempio, mettendo in pratica i valori che vorremmo che gli altri adottassero
Per concludere, possiamo quindi affermare che sviluppare una leadership compassionevole permette di costruire relazioni solide, avere il massimo impatto sulla guida degli altri e creare livelli più alti di coinvolgimento e di fiducia. Stimola una maggiore collaborazione all’interno delle organizzazioni e crea ambienti in cui i dipendenti provano un maggiore senso di appartenenza.
Un leader compassionevole ispira ed è visto più forte. Mette al centro le persone in quanto esseri umani e sa che non c’è niente di più potente che guidare dal proprio cuore.
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Il leader efficace, per quanto abbia stima di sé, sa che è circondato da persone intelligenti, piene di idee da cui può imparare per migliorare le proprie capacità e conoscenze, ed essere ancora più efficace. Se ci poniamo come esperti che sanno già tutto, che non hanno più nulla da imparare, ci irrigidiamo e ci chiudiamo a nuove idee: in questo modo di porsi non c’è compassione.
Verissimo!
Grazie Daniela. Hai perfettamente colto nel segno il concetto principale di ciò che volevamo dire con questo articolo