Probabilmente ti sarà già capitato di sentire parlare di “bambino interiore”.
Ma chi è il bambino interiore?
Dentro di noi, indipendentemente dalla nostra età, abita un bambino con sentimenti, emozioni, gioie e ferite che abbiamo vissuto nella nostra infanzia e che ancora sopravvivono in noi.
Ma la maggior parte degli adulti non ne è consapevole. E questa mancanza di relazione cosciente con il nostro bambino interiore è spesso causa di difficoltà comportamentali, emotive e di relazione.
Il bambino interiore è reale. Non fisicamente. È una realtà psicologica (o fenomenologica) molto potente.
Il bambino interiore è l’espressione di tutta la nostra esperienza vissuta nelle diverse fasi della vita. Ognuno di noi ha un bambino interiore. Entrare in contatto con il proprio bambino interiore può aiutare a favorire il benessere e a portare leggerezza nella vita.
Potremmo dire che diventiamo veramente adulti nel momento in cui riconosciamo, accettiamo e ci assumiamo la responsabilità di amare e fare da genitori a questo bambino. Per la maggior parte degli adulti, questo non accade mai. Il bambino interiore rimane negato, trascurato, denigrato, abbandonato o rifiutato.
Viviamo in una società che ci insegna che per crescere, per diventare adulti, dobbiamo mettere da parte il nostro bambino interiore che rappresenta la nostra capacità infantile di innocenza, meraviglia, stupore, gioia, sensibilità e giocosità. Così tutte queste qualità positive che appartengono al nostro bambino interiore vengono depotenziate o peggio ancora soffocate.
Oltre ad avere queste qualità positive però, il bambino interiore contiene anche le nostre ferite infantili, i traumi, le paure e le arrabbiature. Da adulti siamo convinti di aver superato queste ferite, di aver abbandonato e lasciato questo bambino e il suo bagaglio emotivo. Ma non è così.
Da adulti siamo inconsapevolmente influenzati o controllati segretamente da questo bambino interiore inconscio che dirige le nostre vite, un bambino interiore emotivamente ferito che abita nel nostro corpo di adulti. Questo è ciò che succede a tutti noi ogni giorno. E poi ci chiediamo perché le nostre relazioni ci fanno soffrire. Perché ci sentiamo così ansiosi. Spaventati. Insicuri. Inferiori agli altri. Persi e soli.
Perché è importante prendersi cura del tuo bambino interiore
Il nostro bambino interiore è l’essenza di chi siamo veramente, è la parte più pura di noi stessi, che ci permette di esprimere la nostra unicità. È il cuore della nostra personalità che ha un impatto fondamentale sulla nostra vita. Per questo dobbiamo prendercene cura.
È la più spontanea espressione di noi stessi, la nostra autentica personalità, che si contrappone alla “personalità di sopravvivenza”, quella che si è formata nel corso degli anni per compensare, difendere e sopravvivere. Molte delle problematiche che viviamo da adulti hanno origine proprio dal conflitto o dalla mancanza di contatto con il nostro bambino interiore. Il bambino interiore non opera isolato, non è un sistema chiuso autosufficiente, ma è reattivo, vulnerabile ed intimamente connesso con la sorgente più profonda di noi. Egli rappresenta apertura, integrità, significato e scopo.
Ma come fare per prendersi cura di quel bambino?
È necessario affrontare il “guardiano” che sorveglia il cancello di ingresso al mondo dove il nostro bambino interiore abita.
Questo guardiano non è un dragone o un orco. Ma è la nostra credenza che la vita scorra lungo una “linea del tempo”, che comincia in un punto nel passato e che si estende da quel punto verso il futuro.
Se ci pensiamo bene e ci rifacciamo anche alla nostra esperienza personale, scopriremo che la fanciullezza non è così lontana nel tempo e che, anzi, continua ancora a vivere nel momento presente. Per questo credo che il modello di sviluppo dell’essere umano ideato da Roberto Assagioli che include il passato nel presente, sia un modello che rappresenta meglio, rispetto a quello lineare, il nostro mondo interiore.
Questo modello parte dall’assunto che “diventare grandi” non significa “perdere”: ognuno di noi può e dovrebbe tenere (consapevolmente) il bambino in se stesso, non perdere quel bambino.
La Psicosintesi delle età
Il bambino rimane. L’adolescente rimane. Diventare adulti non vuol dire eliminare o reprimere le fasi di crescita precedenti. Per Assagioli lo sviluppo di ogni età non viene lasciato indietro, ma forma un aspetto dell’intera personalità nel processo chiamato Psicosintesi delle età.
In questo modello di sviluppo, l’infanzia e la fanciullezza non sono distanti, ma al centro, come gli anelli concentrici di un albero. Il modello degli anelli concentrici ci permette di diventare maggiormente consci del nostro mondo interiore. Questi settori centrali di noi stessi non riguardano ciò che siamo stati, ma ciò che siamo; il bambino e l’adolescente che siamo stati non vivono in un passato lontano, ma nell’attuale presente. Così il bambino interiore rappresenta il nucleo centrale della nostra personalità.
Certo, il modello lineare del tempo è spesso preferito dagli adulti, perché è un modo per allontanare la sensazione e i pensieri imbarazzanti del bambino e dell’adolescente che continuano ad esistere in noi sullo sfondo. Aderendo al modello lineare, assumeremo che sensazioni e pensieri “immaturi” vengano lasciati indietro, così che non possano rappresentare un affronto all’immagine che abbiamo di noi stessi.
Nel modello a cerchi concentrici invece, nonostante lo scorrere del tempo, tutto è contemporaneamente presente, tutto può essere agganciato, e tutto ha qualcosa da offrire alla nostra esistenza.
Come contattare il bambino interiore che vive dentro di noi
Il nostro bambino interiore non è semplicemente una parte della nostra personalità da integrare, è la parte autentica di noi, le fondamenta della nostra personalità, la nostra espressione più completa. Per contattare il nostro bambino interiore dobbiamo riprenderci molti “doni perduti” come la spontaneità, la meraviglia e la creatività e nel contempo dobbiamo ricontattare l’ansia, l’isolamento e l’abbandono che abbiamo vissuto in alcuni momenti della nostra esistenza. Tutto questo è parte della nostra storia, del nostro percorso di vita. Dobbiamo trovare il coraggio di entrare in quel mondo che ci siamo lasciati alle spalle, il mondo nel quale il nostro bambino interiore dimora anche adesso, in questo momento.
La relazione con il tuo bambino interiore
Per contattare e prendersi cura del bambino interiore bisogna attivare una relazione lui. Certo sembra semplice e ovvio, ma è esattamente ciò che la nostra tattica di sopravvivenza ha evitato di fare in tutti questi anni. La ragione d’essere della nostra “personalità di sopravvivenza” è di non farci sentire la ferita ed una connessione empatica con il nostro bambino interiore, perché questo andrebbe direttamente contro la motivazione primaria per cui si è creata una “personalità di sopravvivenza”. Dobbiamo lasciare andare la nostra “personalità di sopravvivenza”, affrontare le nostre paure e gradualmente permettere al nostro bambino interiore di vivere dentro di noi.
Non è una questione di curare un problema o un disagio, non è una questione di avere una forte esperienza catartica o di entrare in uno stato alterato di coscienza. Il bambino interiore richiede amore e accettazione costante. Il rapporto con il nostro bambino interiore è la relazione più importante della nostra vita, molto più importante di qualsiasi altra relazione che abbiamo.
Ecco quindi che possiamo prenderci cura del bambino interiore e diventare genitori di noi stessi: possiamo dargli un posto dove rifugiarsi, dove accoglierlo superando i limiti dei nostri genitori e instaurando un dialogo con lui, perché ha bisogno delle nostre cure amorevoli e gentili.
È essenziale connetterci con questa parte di noi stessi e per farlo possiamo seguire un percorso in 5 tappe.
Prima tappa: rispetto reciproco
Creare uno spazio dentro di noi e nella nostra vita per riconoscere, accogliere, accettare ed includere il nostro bambino interiore
Seconda tappa: responsabilizzazione
Ogni volta che ascolteremo la sua voce e ci suggerirà di fare una scelta, seguirla e prenderci la responsabilità di voler produrre un cambiamento in noi, di cambiare la nostra vita secondo ciò che è il nostro essere più autentico. Avere il coraggio di essere, come gesto con cui riconosciamo ed accogliamo la nostra essenza. Assumerci la responsabilità di dire sì a ciò che siamo, di accogliere in piena coscienza la nostra identità più autentica, evitando di precipitare nella “paura di non essere”, che ci porta insoddisfazione e ci porta ad essere diversi da ciò che siamo veramente.
Terza tappa: contattare le emozioni
Il bambino interiore è il custode di emozioni, sentimenti, percezioni, sensazioni, rimanda alla fase in cui noi bambini abbiamo fatto il nostro incontro con il mondo. Contattare il nostro bambino interiore significa metterci in contatto con le nostre emozioni più profonde ed autentiche.
Quarta tappa: dialogare e ascoltare
Per far emergere il nostro bambino interiore, è importante creare uno spazio di dialogo e di ascolto empatico privo di giudizio; contattare il nostro bambino interiore significa stabilire una relazione con lui, attraverso l’ascolto paziente della sua voce.
Quinta tappa: la visione
Entrare in connessione con il nostro bambino interiore fa risuonare la nostra nota interiore che spontaneamente si intona col coro del mondo. È la nostra intrinseca libertà, la libertà istintiva, la libertà di essere noi stessi che ci rivela la nostra missione nel mondo e ciò che è giusto per noi perseguire.
Contattare il tuo bambino interiore ti può aiutare a rendere più facile la comprensione della tua esperienza di adulto, guarire dal dolore del passato e gestire qualsiasi sfida futura con autocompassione, poiché attingere a questa consapevolezza attiva un processo di autoguarigione che aiuta a ritrovare un senso di gioia e di meraviglia.
Letture per approfondire
Alberto Alberti, Il bambino interiore. La riscoperta del sentimento
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